Amalgame Dentali e Mercurio

Amalgama e Mercurio

 

La composizione dell’Amalgama, normalmente utilizzata per le otturazioni, prevede una metà in polvere costituita essenzialmente da metalli quali Argento (circa 70%), Stagno (18%), Rame (11%) e Zinco (1%), a volte, si trova anche Nikel e da una metà liquida dovuta al Mercurio a temperatura ambiente. In passato era presente anche un altro metallo pesante: il Piombo, in varie percentuali, da tracce fino al 3%.

Tutto ciò è contenuto in capsule predosate che vengono fatte vibrare per alcuni secondi attraverso l’utilizzo di un’ apparecchiatura apposita così da creare appunto attraverso questa miscelazione un composto che attraversa una prima fase di circa tre minuti in cui deve essere condensato nella cavità preparata per l’otturazione, seguita da una seconda fase dove deve essere modellato con una certa rapidità prima che si indurisca completamente. A distanza di almeno 24 ore seguirà poi la lucidatura e brillantatura attraverso gommini, spazzolini rotanti e polish montati su un manipolo. Questo, in sintesi, è quello che per decenni è sempre stato eseguito in tutto il mondo come si è soliti dire ”in bocca ai pazienti “.

Mi chiedo però come sia possibile che queste otturazioni al momento dell’esecuzione siano  considerate, dal Ministero della Salute, del tutto innocue mentre al momento della rimozione ogni dentista è obbligato per legge a smaltirle come rifiuti speciali tossico-nocivi! Una parte sempre maggiore di popolazione da alcuni anni si sta mostrando via via più sensibile alle problematiche relative ai danni da rilascio di mercurio (e metalli pesanti) nell’organismo che questo tipo di otturazioni comportano e che qui andremo a trattare.

Il mercurio metallico, infatti, non crea un legame chimico stabile con gli altri metalli che compongono questa lega, per cui è stato ormai ampiamente dimostrato che questo rilascio avviene oltre che per corrosione elettrochimica, che però ne rappresenta la minima parte, soprattutto attraverso fenomeni di capillarità del mercurio stesso che per così dire si fa largo in determinati punti del reticolo metallico, che forma e sostiene l’otturazione stessa, fino a comparire sulla superficie di quest’ultima sotto forma di micro-gocce (HgO) che possono quindi evaporare all’interno del cavo orale.

Questo processo chimico-fisico continua  a verificarsi ogni giorno della “ permanenza in bocca“ di ogni ricostruzione in amalgama. E’ stato dimostrato che, inizialmente, la quantità di mercurio presente in un’otturazione è pari al 50% mentre dopo dieci anni è pari al 25% fino a scendere al 5% dopo vent’anni.
Si può inoltre affermare che una ricostruzione di medie dimensioni rilascia nei primi 5 anni di vita qualcosa come 330 mg di mercurio sotto forma di vapori e un rapido calcolo fa capire che laddove le otturazioni fossero, ad esempio, in numero di sei o otto, come spesso capita di osservare nella pratica clinica quotidiana di tutti i dentisti, si giungerebbe facilmente ad una dose pari a circa 2500 mg cioè a dire un minimo di 1,3 mg al giorno (secondo alcuni studi più allarmistici la media sarebbe di almeno 10 mg al giorno).

Tutto questo mercurio viene, principalmente, assorbito attraverso inalazione diretta del vapore che riesce ad entrare in circolo attraverso il letto alveolare a livello polmonare ed in seguito giungerà nei distretti più lontani.

Vedasi anche i filmati su youtube:

http://www.youtube.com/watch?v=x5nkVMd7Yxc&playnext=1&list=PLB69BE4EEEEE817FF&feature=results_main

http://www.youtube.com/watch?v=7aQDNNoc-6g

L’assorbimento giornaliero di mercurio metallico, oltre che da ovvie variabili legate a differenze soggettive tra soggetto e soggetto come le forze masticatorie e l’aumento della temperatura intraorale, dipende poi da alcuni fattori quali il livello di igiene orale personale e il tipo di spazzolamento, la tipologia del cibo masticato e quanto questo sia più o meno acido, l’abitudine a masticare in eccesso chewing-gum, presenza di parafunzioni quali il bruxismo o il serramento delle arcate, fenomeni di elettrogalvanismo più o meno marcati eventualmente presenti, la superficie esposta in millimetri quadrati delle otturazioni e appunto il numero delle stesse.

La dinamica del rilascio di mercurio è influenzata in modo evidente dalla masticazione con un picco presente fin dai primi cicli masticatori del pasto e con un tempo non inferiore a due ore prima di poter tornare ai livelli basali visti sopra.

Attraverso esperimenti sulle scimmie utilizzanti l’isotopo radioattivo 203Hg si è potuto verificare la forte propensione del mercurio derivante dalle otturazioni a diffondere attraverso la barriera emato-encefalica nel sistema nervoso centrale con un trofismo elevato per l’ipofisi, organo chiave del sistema endocrino.
Altri organi interessati sono i reni, il fegato, la muscolatura scheletrica, stomaco e apparato digerente, i polmoni e le stesse ossa mascellari e gengive.

L’intossicazione acuta da mercurio è molto conosciuta in medicina mentre quella a carattere cronico da lenta assunzione proprio per le sue difficili metodiche di ricerca non è stata ancora sufficientemente indagata.

Secondo rigorosi ricercatori sembra infatti che molte e svariate patologie possano essere ricondotte all’amalgama e al mercurio in essa contenuto mercurio e tra queste vale la pena citare quelle cronico degenerative del sistema nervoso come l’Alzheimer , il Parkinson e la Sclerosi Multipla oppure molte malattie autoimmuni e varie forme di dermatiti.

Particolare attenzione inoltre va posta alla capacità di questo metallo di attraversare facilmente la placenta con le ovvie conseguenze sul feto e di essere assorbito dal neonato attraverso il latte materno. A livello fetale come anche a livello del sistema nervoso centrale il mercurio attraversa le relative barriere (placentare, nel caso delle donne in gravidanza e quella emato-encefalica) grazie al suo stato gassoso, ma una volta superate, trasformandosi attraverso processi ossidativi in mercurio ionico divalente, non è più in grado di percorrere il tragitto inverso rimanendo sequestrato in quei tessuti.
Questo fa capire come la concentrazione totale di mercurio nel sangue del feto possa essere superiore a quella riscontrata nel sangue materno.
Le conseguenze a livello dello sviluppo fetale e quindi sul neonato sono ancora in fase di studio e per adesso vi sono solo supposizioni non scientificamente dimostrate. Un altro aspetto di assoluta rilevanza è quello relativo all’aumento delle forme allergiche al mercurio e agli altri metalli presenti nelle otturazioni in amalgama con un’incidenza che supera l’1% della popolazione italiana. L’esame di ricerca più indicato utile per valutare la presenza di un aumento dei livelli di mercurio nell’organismo è certamente il “mineralogramma” eseguito attraverso l’analisi del capello ma anche attraverso il “metal test” delle Urine.

Sono test del tutto affidabili e riconosciuti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ) in grado di apportare informazioni sulla funzionalità del metabolismo rilevando quali equilibri siano stati alterati, di quali integratori minerali e vitaminici abbiamo bisogno, quali metalli tossici stiamo accumulando molto prima che si manifestino i sintomi o che le analisi rivelino la loro presenza.
Inoltre non presenta valori transitori come quelli del sangue o dell’urina, ma valori stabilizzati corrispondenti ad un periodo di storia bio-chimica di circa tre mesi.
Altri esami come il Patch Test, il Melisa Test, Dosaggio del Mercurio o il Profilo delle porfirine, vuoi per la scarsa affidabilità retroattiva, vuoi per il costo eccessivo, vuoi per una generica precisione grossolana o per la difficoltà a trovare laboratori di analisi in grado di eseguirli in tempi accettabili, non sono in effetti da richiedere.

Tutto questo finora detto fa capire come sia assolutamente consigliabile la rimozione di queste otturazioni in via di urgenza preventiva nelle donne alla ricerca di maternità e comunque in via generale in tutti gli altri soggetti, anche in coloro che non sembrano avvertire disturbi particolari.

Un altro motivo valido per intervenire rimuovendo le vecchie otturazioni, legato però alla salute non dell’intero organismo, ma a quella del dente interessato, è rappresentato dal fatto che molto spesso i molari e i premolari ricostruiti in amalgama da molti anni, a causa della frequente perdita del sigillo con inevitabile infiltrazione cariosa sottostante unita alla spinta offerta dalla pressione masticatoria, sono in larga misura interessati da fissurazioni verticali, linee di frattura più o meno profonde che rappresentano l’anticamera delle rottura del dente stesso ( l’effetto cuneo sulle superfici esterne del dente determina sottili incrinature evidenziabili facilmente con la videocamera endorale che mette in risalto come la luce indirizzata sulla superficie dello smalto venga interrotta da una linea netta oltre la quale non riesce a proseguire ).

Il momento tuttavia della rimozione delle vecchie otturazioni in amalgama, se non eseguito con accortezza, porta con sé il rischio di determinare un picco di nebulizzazione del mercurio nel cavo orale del paziente.
Per questo è molto importante che la rimozione delle vecchie otturazioni in amalgama avvenga secondo un preciso protocollo protetto e biologico. Un video da youtube come esempio:

http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=9LkqPQM2KE4

Il presidio più importante è rappresentato dall’utilizzo della diga di gomma capace di isolare il dente interessato ( e quindi l’amalgama da rimuovere ) dal resto del cavo orale e dall’orofaringe. Inoltre è fondamentale ridurre il surriscaldamento del metallo, e quindi gli effetti vaporizzatori dello stesso durante la fresatura, utilizzando abbondante irrigazione e un manipolo contrangolo a 20000 giri/minuto invece della turbina a 300000 giri/minuto. Per diminuire l’attrito tra fresa e superficie aggredita sono consigliabili le frese multilama in carburo di tungsteno piuttosto che quelle diamantate dal taglio di tipo abrasivo anziché netto.

 

 

Notate il simbolo veleno (teschio) sulla confezione per la preparazione delle Amalgame…è significativo, non vi pare?

Altro importante accorgimento da mettere in pratica è l’utilizzo di aspiratori chirurgici ad alta capacità da tenere costantemente vicino all’area interessata così da limitare al massimo la vaporizzazione del mercurio oltre il campo operatorio. Infine, anche se sembrerà ovvio, va sottolineata l’importanza di utilizzare la tecnica corretta nell’uso del trapano cercando di “disunire“ perimetralmente l’otturazione seguendone i confini senza insistere inutilmente sulla massa centrale, così da limitare al minimo il contatto tra la fresa del trapano e l’amalgama, facendo poi “saltare“ con una piccola leva apposita la struttura metallica interamente o a blocchi.

Per quanto concerne la protezione degli operatori sono da considerarsi sufficienti le normali protezioni utilizzate costantemente in ogni terapia : mascherina e occhiali protettivi. Mentre in altri paesi come la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, è fatto divieto totale ai dentisti di otturare i denti dei propri pazienti con questo materiale, in Italia il Decreto Ministeriale del 2001, senza prendere in realtà una posizione nettamente contraria, sconsiglia l’utilizzo dell’amalgama solo e solamente nelle donne in gravidanza e in allattamento, nei bambini sotto i sei anni, nei nefropatici e nei pazienti che già sono allergici al mercurio… e forse questo non è sufficiente.

Il Protocollo Biologico Naturale per il drenaggio dei metalli pesanti, pre e post intervento di rimozione dal Dentista, sarà da decidersi al momento secondo il caso clinico in esame, la tipologia del paziente e la quantità di metalli pesanti presenti nel soggetto.

In particolare un prodotto innovativo e senza controindicazioni, che potrebbe essere utilizzato nel protocollo specialistico di drenaggio e chelazione dei metalli pesanti ed altri tossici è la ZEOLITE.

La Zeolite che cosa è?

Il nome “zeolite” ha origine dalle parole greche zeo = bollire e lithos = pietra, ovvero “pietra che bolle” e deriva dal fatto che, quando viene scaldata, la zeolite libera acqua senza modificare la propria struttura; per questo sembra che entri in ebollizione. Chimicamente le Zeoliti – occorre parlarne al plurale perché ne esistono più di cento tipi diversi – le Zeoliti, dicevamo, sono minerali microporosi di origine vulcanica. Dal punto di vista chimico sono alluminosilicati, idrati di metalli alcalini e alcalino-terrosi. La struttura cristallina delle zeoliti è costituita da SiO4 ed AlO4 tetraedrici legati insieme da ponti ossigeno FIG.1.

Queste strutture complesse comprendono cavità porose regolari con dimensioni dei pori di 4 Angstrom FIG.2.

La struttura cristallina contiene cationi quali calcio, magnesio, sodio, potassio e altri minerali, oltre a molecole di acqua. Le Zeoliti vengono raggruppate in base alla loro struttura in: fibrose, lamellare e cristalline sferiche; quella che negli anni ha dimostrato di essere più adatta all’uso in medicina umana e veterinaria è la Zeolite Clinoptilolite, i cui cristalli hanno struttura lamellare. Dal 1896 sono stati depositati ben 39 brevetti in tutto il mondo relativi all’applicazione delle Zeoliti in ambito umano. Dal 1996 in Giappone le Zeoliti sono state approvate come additivi alimentari.

Come funziona?

L’azione della Zeolite si esplica a livello gastrointestinale locale, non ha attività metabolica; ma funziona in base a interazioni di tipo chimico e fisico. La Zeolite presenta una notevole capacità di scambio ionico: è in grado quindi di cedere i cationi liberi (Na+, K+, Ca2+, Mg2+) e legare al loro posto i metalli pesanti, ioni ammonio, radioisotopi o altri cationi (Cd2+, NH4+, Pb2+, Cs+, Sr2+), per i quali manifesta elevata selettività. La Zeolite agisce anche come setaccio molecolare bloccando all’interno dei canali della propria struttura tossine esogene ed endogene. L’azione della Zeolite si esplica nel tratto gastrointestinale dove tossine, micotossine, ioni ammonio, metalli pesanti e radicali liberi si legano ad essa e vengono eliminati con le feci FIG.3. L’azione della Zeolite è progressiva e selettiva verso le sostanze tossiche, non coinvolge sostanze nutritive né farmaci e agevola la fisiologica detossificazione sistemica dell’organismo.

A cosa serve?

La Zeolite Clinoptilolite, quando viene “attivata” (ovvero quando viene sbriciolata in modo da aumentare la propria superficie di contatto, sulla quale restano liberi ponti ossigeno carichi negativamente capaci di attrarre sostanze con cariche positive) esplica un’azione detossificante sistemica: è attiva nei confronti di inquinanti ambientali e alimentari (additivi alimentari, conservanti, smog, fumo, amalgame dentali, tinture per capelli, colle, vernici, esposizione al sole); contrasta lo stress ossidativo da radicali liberi esogeni ed endogeni e gli effetti iatrogeni dei farmaci; favorisce il miglioramento sintomatico in caso di allergie anche da contatto (per esempio, Nichel) e delle intolleranze alimentari. La Zeolite Clinoptilolite senza essere assorbita dall’organismo è in grado di sequestrare e eliminare dall’organismo stesso tossine radicali liberi, ioni ammonio e metalli pesanti, ovvero sostanze normalmente presenti nell’ambiente in cui viviamo, onnipresenti negli oggetti quotidiani. L’eliminazione avviene attraverso un meccanismo fisico intestinale: le sostanze nocive vengono eliminate con le feci: fig.3

 

Perché utilizzarla?

Tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli sono i principali chelanti delle funzioni enzimatiche, funzioni che una volta inibite determinano un mutamento dell’equilibrio fisiologico dell’organismo (omeostasi) e possono diventare cause o concause di malattia attraverso l’alterazione dei processi metabolici. Tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli inattivano i vari catalizzatori enzimatici, rallentando i processi metabolici a cascata fino a inibire funzioni essenziali che possono a volte evolvere verso l’infiammazione silente e verso patologie degenerative e/o patologie autoimmuni. Particolare attenzione va posta nei confronti dell’eventuale azione sommatoria che tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli possono avere tra loro una volta che si trovano ad essere contemporaneamente presenti nell’organismo umano. L’entità delle alterazioni metaboliche che queste sostanze nocive posso produrre è variabile: pertanto la loro sottrazione e/o riduzione nell’organismo permette di riattivare i meccanismi biochimici cellulari e favorisce l’azione e la modulazione di ogni altro principio attivo (come anche in caso di terapia farmacologica) che si trova quindi ad agire in un ambiente più recettivo. Posologia: è indicata sulla confezione e comunque andrebbe adeguata caso per caso. (Il testo sulla Zeolite, qui sopra riprodotto integralmente, è stato gentilmente concesso dalla ditta Pegaso di Arbizzano-Verona)