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Ricordatevi di nutrirvi, con massimo rispetto e consapevolezza, delle uova deposte dalle galline, allevate a terra e libere nei prati, nella settimana di Pasqua. Queste uova contengono grandi quantità di Nitro Filosofico, elemento usato dagli alchimisti per preparare l’Aurum Potabilis o Oro Alchemico. Le uova che la tradizione antica ci conferma che “non marciscono mai” (provato personalmente) sono quelle che vengono deposte la settimana Santa (da qui la tradizione, che si tramanda dai tempi dei tempi, delle cosiddette galline dalle uova d’oro). L’usanza di mangiare, il giorno di Pasqua, l’insalatina cicoria e le uova sode non solo è da ricordare come tradizione popolare e famigliare ma è un vero e proprio atto terapeutico e, in certo senso, sacro. Si consideri l’importanza del “Nitro Filosofico” come fine attivatore della forza vitale e della vis medicatrix naturae. Ricordo, a tal proposito, anche la presenza difusa nei prati dell’Alchemilla.

L’Alchemilla (Alchemilla vulgaris auct.) che è una pianta indicata, secondo la teoria delle signature (vedi signatura rerum), per la circolazione del sangue negli organi (energia vitale) e per la debolezza del sistema immunitario.

L’Alchemilla è riconoscibile dalle caratteristiche foglie a forma di ventaglio (da 7 a 11 lobi), dentellate e coperte di peletti sulla faccia inferiore. Cresce nei prati umidi dell’Europa occidentale e Centrale. Il nome Alchemi-lla ha una evidente derivazione etimologica che fa riferimento al suo uso da parte degli Alchimisti medioevali in riferimento al fatto che questi spiriti illuminati, nella rispettosa ricerca della pietra filosofale, utilizzavano la rugiada (ricca di Nitro Filosofico) e soprattutto quella della settimana prima di Pasqua che si deposita all’alba sulle foglioline a forma di mano, caricata dell’energia solare dell’alba (vento solare). Le galline beccano anche questa piantina inumidita dalla rugiada e si nutrono di questo principio sottile.

L’Alchemilla più ricercata è quella dai sette magici lobi i cui numeri si riferiscono simbolicamente ai sette chakra, alle sette note musicali, ai sette colori dell’arcobaleno, ai sette giorni della settimana ecc…), da loro chiamata “acqua sacra dei cieli“.

In Oriente, ma ormai anche in Occidente, è uso sottolineare questo periodo con meditazioni che sono le più importanti di tutto l’anno: la Meditazione di Pasqua, che festeggia il primo Plenilunio dopo l’Equinozio di Primavera, detta anche “di Resurrezione” perché è il momento in cui tutte le forze della natura risorgono. Ma avremo anche la Meditazione del Wesak o “della Conoscenza” o “del Buddha”, si svolge al secondo Plenilunio dopo l’Equinozio e segna il momento in cui, ritualmente, ogni anno, il Buddha torna sulla Terra e distribuisce la forza della sua conoscenza. Nella religione cristiana ha grande importanza la festività di Pasqua, la Resurrezione di Cristo che con il suo sacrificio cancella tutte le colpe umane. Questa festa religiosa nasconde molti simboli e tradizioni di origine pagana, ricordi di altre e ben più antiche festività, poi cancellate dal Cristianesimo. Per effettuare un esame etimologico della parola “Pasqua” dobbiamo riferirci al termine inglese “Easter” che ci riporta ad antichi culti legati all’avvento della primavera e, in particolare, ad una antica divinità pagana, la Dea Eostre. Questa Dea non è molto conosciuta e viene ricordata in relazione alla primavera e alla fertilità dei campi. Il nome sembra provenga da “aus “o “aes” e cioè Est, dunque è una divinità legata al sole nascente e al suo calore, del resto il tema dei fuochi e del ritorno dell’astro è un tema ricorrente in tutte le tradizioni pasquali. Eostre è una divinità pagana portatrice di fertilità e collegata all’equinozio di Primavera che veniva chiamato dai celti “Eostur-Monath” e successivamente di “Ostara”. Una tradizione tipica della Pasqua è lo scambio delle uova di cioccolato (come riferimento alle uova d’oro di alchemica memoria), in Germania ad esempio vi è l’usanza che i bambini, la mattina di Pasqua, che è chiamata Ostern, vadano alla ricerca, nei giardini delle case, delle uova nascoste dal “coniglio pasquale”; in Inghilterra si fan rotolare sulla strada uova sode colorate fino a quando il guscio non sia completamente rotto. Questa tradizione è fortemente legata al culto di Eostre, infatti nelle tradizioni pagane si celebrava il ritorno della Dea andando a scambiarsi uova “sacre” sotto l’albero “magico” del villaggio, usanza che collega Eostre alle divinità arboree della fertilità. Simbolo della Dea è la lepre o il coniglio (si trovano spesso i coniglietti di cioccolato con sorpresa nei negozi di dolciumi), animali, scelti non solo per le famose doti riproduttive, ma anche perché, secondo i Germani, le aree nere della luna rappresentano la lepre, sancendo così la sacralità dell’animale.
Anche l’uovo è simbolo di rinascitaL’uovo è un potente talismano di fertilità e vita, come testimoniano molte tradizioni, come le usanze delle uova sacre Russe o Ucraine, dove, cibarsi di questo alimento, celebra la rinascita del sole e il ritorno delle stagioni dell’abbondanza. La Pasqua, quindi, è una festa dalle origini antichissime che si collega ai rituali naturali e alla sacralità delle rugiade e degli alberi, è una forma di venerazione del principio agreste basato sulla morte e rinascita dello spirito della vegetazione.

Anche la simbologia dell’agnello (o del “capretto”) è strettamente legata al culto arboreo, nello stesso significato della lepre per la dea Eostre. La capra infatti, errando nei boschi, rosicchia le cortecce degli alberi danneggiandoli notevolmente, così solo il Dio della vegetazione si nutre della pianta da esso personificata, e dunque lo stesso animale non può che essere sacro. Come nel caso delle uova sacre, cariche di Nitro Filosofico, gli antichi, mangiando la carne dell’animale, credevano di acquistare e assorbire una parte di divinità. Pertanto il cibarsi di animali sacri per il Dio è un sacramento solenne come la celebrazione di Gesù, rappresentato da un Agnello che ancora oggi, in molte parti di Italia si consuma: “…io sono l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo…”. Strettamente connesso con i rituali legati alla vegetazione e alla rinascita è la tradizione pasquale di accendere falò: i fuochi di gioia, da cui è derivata la tradizione del cero pasquale. Troviamo in molte altre parti d’Europa e nella stessa Italia l’abitudine di accendere fuochi per gettarne poi la cenere sui campi per propiziare i raccolti.

 

L’IMMORTALITA’ dell’Uomo

la cosiddetta mortalità è solo un’apparenza

 

Esiste un’antica profezia, nella Kabbalah ebraica, che afferma che il Regno di Dio sarà stabilito nell’umanità quando verrà l’uomo che possiede il potere di morire e di ritornare, capace cioè di riprendere il proprio corpo dopo la morte.
È fondamentale, quindi, conoscere che cos’è la morte se la si vuole vincere….. 

 Siamo mortali o immortali?

La filosofia, come del resto la scienza, ci racconta che il termine “immortalità” si riferisce alla particolare condizione di un essere vivente non sottoposto a corruzione e quindi destinato a sopravvivere per sempre. Il concetto di immortalità, inteso come proprietà del vivere per sempre, implica la incorruttibilità ma non la vita eterna. I concetti di immortalità e eternità vengono spesso confusi, sia perché si intende questa come semplice durata indefinita, sia perché si considera come una vera e propria extra-temporalità. La confusione viene giustificata se si pensa che l’immortalità deve escludere ogni idea di fine e deve perciò entrare nell’eternità. Si dovrà quindi chiamare eternità l’assoluta extra-temporalità di un essere esistente ab aeterno.

Immortale è un essere che, pur avendo avuto origine nel tempo, è destinato a superare i limiti della temporalità. Durante tutta la storia umana molti hanno espresso il desiderio di vivere per sempre. Che forma avesse una vita umana senza fine o indefinitamente lunga, o se fosse veramente possibile, è stato il succoso argomento, per secoli e secoli, di una grande quantità di speculazioni, dibattiti, ricerche alchemiche e magiche e di infinite opere d’immaginazione.

Scienziati e ricercatori molto ottimisti e sfacciatissimi, di varie latitudini , ritengono che l’”immortalità fisica” sarà raggiunta entro i prossimi 60 anni, e che già entro i prossimi 30 saranno disponibili farmaci capaci di rallentare sensibilmente il processo di invecchiamento. 

Pensate che affermano, nei congressi ad hoc, che arrestare e invertire l’invecchiamento potrebbe rivelarsi possibile grazie alla nanotecnologia. Sottoporsi ad una terapia di ringiovanimento e poi ad una di mantenimento sarà costosissimo ed un vero business per le prossime generazioni; e forse a questo guardano costoro.

Tuttavia devo precisare la sostanziale differenza tra il risultato raggiunto da questi progressi delle scienze e i concetti di immortalità espressi dalla scienza spirituale dell’uomo, dalla religione e dalla filosofia. Nel primo caso l’immortalità è intesa, in un certo senso, come “invulnerabilità”;  la semplice soppressione o rallentamento estremo dell’invecchiamento non la potrà garantirla.

Non si morirà, magari, più di vecchiaia, in un prossimo futuro, ma si potrà sempre e comunque restare vittime di incidenti, intossicazioni mortali di veleni (anche ambientali) di omicidi, di patologie incurabili, e di qualunque altro fattore che interferisca mortalmente con l’integrità di una struttura supercomplessa come l’organismo umano.

Attualmente il simpatico e barbuto biochimico e biogerontologo inglese Aubrey de Grey, impegnato nel progetto SENS (Strategies for Engineered Negligible Senescence), si propone di arrivare a mettere a punto terapie particolari in grado di curare l’invecchiamento. La sua convinzione  è che l’invecchiamento sia dovuto all’accumularsi, a livello molecolare e cellulare, di effetti collaterali prodotti dal metabolismo e che il metabolismo stesso non è in grado di eliminare. L’accumulo di tale “spazzatura” farebbe, secondo Aubrey, progressivamente diminuire la funzionalità della macchina perfetta che è il nostro organismo, finché esso diventa incapace di difendersi dalle malattie, dai parassiti, dai virus o di mantenere in funzione, adeguando la corretta omeostasi, gli organi vitali.

La morte è semplicemente l’inevitabile effetto estremo di tale accumulo. Egli ci racconta che tutto questo accade perché  la natura, preoccupandosi soprattutto della sopravvivenza della specie (del DNA primigenio), ha visto nell’evoluzione una strategia da preferire alla conservazione del singolo individuo, per cui, se da una parte ha progettato un sistema straordinariamente efficiente per la riproduzione dall’altra non ha progettato un metabolismo perfettamente autorigenerativo, capace cioè di ripararsi integralmente e così conservarsi indefinitamente una volta raggiunto il completo sviluppo.

Questa è la visione (molto materialista) che vede, nelle cellule che invecchiano, un meccanismo da ripristinare per accedere alla incorruttibilità ed alla immortalità del corpo fisico.
Ma noi siamo fatti solo di materia? Chiediamoci che cosa significa realmente “immortalità” e perché siamo ossessionati dall’invecchiare ed, in fin dei conti, della conseguente morte fisica.
Siamo fatti solo di cellule, di carne, ossa, cervello, funzioni, ecc…? Nulla di più sbagliato.
In noi sono “operanti” tre principi sincronici ed inscindibili: materia, energia e informazioni. Anche Albert Einstein lo dimostra, in un certo senso, partendo dalla sua formula E=mC2.
Energia, massa e velocità i tre elementi funzionali che spiegano tutto e cioè la “trinità o tridimensionalità” sincronica che sta alla base di tutto.

Mente, corpo e spirito
sono, cioè, le tre realtà concettuali e funzionali di cui siamo costituiti.
Se parliamo della “immortalità” della matrice energetico-informativa, quindi,  non si afferma l’assurdo, siamo nel campo delle energie sottili che anche la fisica quantistica ha qualificato.

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma

Così citava A. Lavoisier nel suo “postulato fondamentale, relativo alla conservazione della massa” che di per se stesso è un indicatore esplicativo della certezza dell’immortalità. Da questa osservazione si generò una miriade di scienziati che dal 1700 ad oggi si sono dannati per dimostrare che il corpo fisico è l’unica realtà esistente, che l’anima è l’invenzione delle religioni che impongono all’uomo credenze e superstizioni; arriveranno ad affermare che le “energie sottili” ed invisibili che la materia emette e che sono fotografabili e misurabili non hanno alcun peso sulla realtà materiale e fisica. Ebbene, io vi dico che sono tutti sulla strada sbagliata e ve lo dimostrerò. Sappiate che è credibilissimo che “tutto si trasforma” e che assisterete ad una vera trasformazione o passaggio, che avverrà dopo la morte, ad un’altra forma di esistenza, nella quale la vita non è completamente spenta e mantiene dei riferimenti alla persona reale ma non sul piano materiale.

Questa energia con “informazioni” però continuerà, in un certo senso, a vivere come vibrazione in un campo eterico e, a tempo debito, si reincarnerà in un altro “avatar” umano per tornare a vivere e sviluppare quello che si suole definire il suo Karma . Per questa ragione non c’è bisogno di scomodare i biogerontologi per scoprire la vera “immortalità”.

Noi siamo di fatto immortali.

Tutti noi sappiamo, inoltre, che il concetto di immortalità si può individuare come una credenza regolarmente presente in tutte le religioni ed in generale nelle culture antiche.
Spesso è intesa come prosecuzione della vita terrena nelle religioni primitive che creavano strutture atte a permettere un vero viaggio. Il concetto di immortalità fisica oltre che puramente spirituale viene affermato, soprattutto, nelle antiche culture orientali. Esempi ne sono le tradizioni Induista e Buddista circa la loro fede nella trasmigrazione ciclica delle anime, il culto degli antenati o geni del Giappone, e le religioni presenti in Mesopotamia e soprattutto in Egitto, dove veniva celebrata, con rituali iniziatici e misterici, mediante il “rito funebre osiriano”, eseguito sui cadaveri. Testimonianze queste che ci fanno riflettere e che ci segnalano che esiste, dalla notte dei tempi, la certezza della nostra “immortalità” che le varie culture ci hanno riferito in ogni modo possibile.

 Filosofia dell’immortalità

Esempio di ricerca di prove dell’immortalità, in senso religioso è la filosofia di Plotino la filosofia cristiana in generale, entrambe schierate per l’esistenza di un’immortalità individuale. La filosofia araba, invece, una parte del romanticismo e tutte le forme di “panteismo” sostengono l’esistenza di un’immortalità sopraindividuale.
Le prove che si adducono a dimostrazione dell’immortalità sono: nel caso dell’immortalità individuale, la presenza nell’anima di un principio divino e, nel caso d’immortalità sopraindividuale, la partecipazione e la risoluzione di ogni singolo essere nell’assoluto.
Professano l’immortalità per il carattere etico dell’uomo la filosofia di  Platone e di Aristotele, l’etica di Kant secondo cui “l’immortalità è infatti un postulato, la cui ammissione è necessaria dal punto di vista dell’etica” e l’ateismo romantico di Feuerbach che, pur negando qualsiasi forma d’immortalità religiosa, mantiene tuttavia il carattere immortale della specie umana…

 La ricerca della fonte dell’immortalità

L’immortalità di esseri extraumani o sovrumani, oltre a essere intesa come una caratteristica naturale, viene concepita in molte religioni in modo vitalistico, come l’effetto di particolari cibi o bevande di cui quegli esseri dispongono a differenza degli uomini. Questa idea, variamente realizzata, come l’Ambrosia dei Greci o l’Amrita degli Indiani, per esempio, entrambe le quali significano etimologicamente “immortalità”, può introdurre la speranza di una conquista di quei cibi e bevande intesi come mezzi di salvezza. Anche in tal caso ne risultano prospettive mistiche, ossia di rifiuto del mondano come rifiuto della condizione umana. Da qui gli sforzi della medicina attuale che si vorrebbe riallacciare, incredibilmente, attraverso i paradigmi ristretti della scienza agli antichi miti ambrosiaci.
Siamo ora ad invocare, da ogni pulpito, l’immortalità terrena dell’uomo (vedi l’accanimento terapeutico, i trapianti estremi, la medicina robotica ecc..) da cui l’inaudito credo della nuova generazione di filosofi-scienziati figli della GNR Revolution, ispirato dalle fantasiose scoperte del trinomio Genetica-Nanotecnologia-Robotica. Una scuola di pensiero che ha nel suo albero genealogico la radice in Wittgenstein e, nelle sue diramazioni, l’atomismo logico, il neopositivismo, quindi la filosofia del linguaggio, la filosofia della mente fino alla recentissima neurofilosofia che sfocia di fatto nella neuropsicologia.
La figura di maggior spicco e consistenza della neonata tendenza è Raymond Kurzweil. Cresciuto e impostosi con gran successo nel mondo dell’informatica, ha contribuito a fare della computer science una visione del mondo e dell’uomo (The Age of Spiritual Machines 1999), seppur ancora fortemente radicati nell’ambito delle “macchine pensanti”, propongono analisi di certo impatto e asciutta lucidità sul concetto di “coscienza” e, più in generale, sulla “essenza” dell’uomo. Ma, soprattutto, è il bel volume Fantastic Voyage del 2005, scritto con Terry Grossman, che si concentra distesamente sul tema dell’immortalità. Il sottotitolo è indicativo: Live Long Enough to Live Forever (vivere abbastanza a lungo per vivere per sempre). Abbiamo oggi la conoscenza e gli strumenti per vivere in eterno? Per raggiungere la meta dell’immortalità si dovrà procedere alla decodificazione dei processi informazionali con la nanotecnologia e la genetica. Una volta liberati dalle limitazioni della biologia, saremo capaci di decidere la lunghezza delle nostre vite, con l’opzione dell’immortalità, e scegliere, tra l’altro, capacità pure esse non immaginabili ? Fantascienza e soprattutto del peggior horror…ma ci pensate? Perché uno dovrebbe voler vivere 500 anni o più? Non sarebbe terribile? Assistere alla morte degli amici (per incidenti o malattie ecc..) dei figli (tanti) dei nipoti, delle mogli, i fallimenti famigliari, lavorativi, il logoramento psicologico ecc…. per non parlare della legge fondamentale della natura sulla selezione naturale…andrebbe ad essere rivisitata in maniera disastrosa per le future generazioni.

Pitagora e la filosofia della immortalità attraverso la reincarnazione

L’immortalità dell’uomo si esplica attraverso la certezza della propria reincarnazione anche se la memoria delle vite precedenti, per ovvie ragioni, rimane sotto il livello di coscienza. Pitagora è stato il filosofo che ha difeso questa verità e che l’ha codificata in insegnamenti imperituri.
Le pratiche rituali, che accompagnavano gli insegnamenti pitagorici, erano finalizzate non al puro raggiungimento della rettitudine morale ma all
educazione e purificazione dellanima. Lo stesso studio delle scienze era considerato un mezzo per educare il principio spirituale delluomo.
Per quel che sappiamo Pitagora fu il primo scienziato-filosofo a parlare con serietà dei principi relativi alla reincarnazione. Egli sosteneva che l
anima è immortale, che essa passa in certi esseri animati daltra specie, che quello che è stato si ripete ad intervalli regolari e che non cè niente di nuovo e infine che tutti gli esseri animati appartenevano allo stesso genere.
La teoria della reincarnazione era collegata ad una specie di “colpa originaria” che ha condannato l’uomo a vivere dentro un corpo. Il compito dell
uomo è, quindi, quello di liberare il principio spirituale ed immortale da quello fisico e mortale. Lo stile di vita, dunque, è subordinato al desiderio di liberazione del principio immortale che abita nelluomo. Per ottenere ciò bisogna purificarsi completamente e, solo una volta raggiunto lo stato di purezza originaria, si è liberati dal ciclo delle rinascite.
Questo desiderio di liberazione spiega anche la cura che i pitagorici ponevano nel disciplinare piaceri e desideri.
Da questi principi si nota la sua vicinanza alle teorie e credenze orientali (Induismo, Giainismo, Buddismo, ecc..) che fanno ed hanno fatto della reincarnazione uno strumento che ci rende davvero capaci di diventare esseri “immortali”.
Ma scorgiamo anche nella Sacra Bibbia, come nella fisica quantistica, elementi che ci fanno capire ancor di più che siamo fatti di vibrazioni elettroniche, cioè di energia che cristallizzata diventa materia. Questa parte elettronica ha una memoria che rimane in eterno, come il software di un PC. La realtà materiale i cui viviamo sarebbe costituita, infatti, rifacendoci anche ad alcuni principi della fisica quantistica, da una particolare condensazione, una straordinaria cristallizzazione di particelle in oscillazione con memoria e veicolanti miliardi di informazioni.
Sappiamo che l’Universo (la parola Uni-Verso significa anche anagrammandola: verso l’UNO) è costituito ed animato da elettroni confermando oggi ciò che la Bibbia, all’inizio della Genesi, recita:

 “BERESHIT BARA AELOHIM AETH HA-SHAMAIM W’AETH HA-ARETZ”

 Traslitterando e traducendo in termini simbolici si dedurrebbe che:
Il Principio (come postulato non come tempo)creò (emanò, produsse) per mezzo degli “Aelohim” (Aelokim) che è considerato “plurale” e quindi si potrebbe anche interpretare come: per mezzo di Esseri divini o “Dei” (evento riferibile a astrazioni che hanno a che fare con esseri di Luce
che provengono da un Unica fonte Cosciente di Luce cioè Dio) che non possono che essere gli
Elettroni, che ha individuato la fisica (che hanno una dimensione spazio-temporale eterna) cioè le immagini mentali della Volontà Divina che si espressero in energia con informazioni e si cristallizzarono creando la materia e la vita. Notate che la parola AELOHIM fu utilizzata, con lo stesso significato raffigurativo, dagli Egizi (cioè, coloro che furono scampati al diluvio provenienti dall’antico EDEM cioè il luogo degli ADAMI e quindi degli Ebrei). Da osservare che, non certo casualmente, molte parole italiane di origine latina che hanno a che fare con l’elettricità (el-ettro, el-ettrone, elettronica) se traslitterate in ebraico, cominciano tutte con il nome di D-o El, (אל).
Questo vocabolo, già al tempo di Gesù Cristo, si semplificò e si contrasse da “Elohim” in “Aeoni” che la scienza moderna espanse, forse senza saperne le origini, in “Elettroni” (portatori di luce, informazioni, consapevolezza)…..e, siccome il caso non esiste, il Destino delle Cose ci ha tracciato uno straordinario ponte simbolico ed analogico tra fede, misticismo, metafisica e fisica….Ogni scienziato illuminato, ritengo, sia concorde nell’affermare, insieme al grande Y.E. Charon (fisico nucleare e matematico francese contemporaneo), che gli elettroni sarebbero “esseri” pensanti ed immortali. Mosè, nella Genesi, non ha forse affermato che Adam (l’Uomo, L’Adamo Kadmon) non è altro che un’immagine degli Aelohim cioè gli elettroni primigeni, delle forze di Luce primordiali (la conoscenza-coscienza primigenia? Sprigionata dall’albero della vita?). Sarei portato quindi a desumere (creando un ponte tra scienza, fisica e religione) che l’uomo non è altro che un’immagine elettronica, fatta di energia intelligente; potrebbe essere una sorta di “ologramma pensante“, costituito da onde di forma ed elettroni con memoria, identico quindi al suo Creatore (…e Dio li creò a sua immagine e somiglianza.……).

E quindi sarebbe Immortale!

Noi stiamo vivendo con la paura di morire, con la voglia di vita e di immortalità e incorruttibilità per cui ricorriamo a tutte le medicine, interventi di ogni tipo per guadagnare il sogno dell’essere eterni…basta lasciarci andare nel corso della vita terrena, con la coscienza e certezza che in noi c’è la Luce Divina, c’è la immagine di Dio che ci conduce per mano là dove dobbiamo andare, là dove dobbiamo compiere qualche cosa, fare qualche cosa per imparare ed evolverci. Alla fine c’è la rinascita e così ancora, la morte è un passaggio, è creatività pura è un’esperienza straordinaria. Quindi, di fatto, siamo immortali. Ritorniamo sempre nel corpo fisico, sempre diverso e giovane, per sottolineare la nostra “sacra” immortalità voluta dal nostro Creatore, dall’Idea primigenia, dall’Origine del Tutto, dalla Volontà Cosmica.
Riflettete su quello che scrive, circa il significato della morte, il grande illuminato indiano Osho Rajneesh e siate certi che non morirete mai, non dimenticatelo!
La morte è bella, tanto bella quanto la vita
ma solo se sai come comunicare con la morte.
Essa è bella perché è rilassamento; è bella perché chi ci lascia è ricaduto nella sorgente dell’esistenza, per rilassarsi, per riposare, per essere pronto a tornare di nuovo. Un’onda sorge dall’oceano, ricade nell’oceano, poi sorge di nuovo; avrà un’altra giornata, nascerà di nuovo in qualche altra forma…poi ricadrà ancora e scomparirà.
Morire è semplicemente scomparire nella sorgente.
Morire è andare serenamente nel non-rivelato.
Morire è addormentarsi in Dio.
Sboccerai di nuovo. Vedrai il sole e la luna di nuovo e ancora e ancora….fino a quando diventerai un Buddha, fino a quando sarai in grado di morire consapevolmente, fino a quando saprai rilassarti consapevolmente, coscientemente in Dio.
Allora non ci sarà ritorno.
Quella è la morte completa, quella è la morte assoluta.
La morte comune è una morte temporanea: ritornerai per concludere la tua opera, per comunicare il tuo Amore.

Buona vita, Buona Morte e Buona Immortalità…

 

Immaginate che la vostra casa sia assimilabile ad un essere umano (essendo fatta di materia) per cui, come esiste un corpo materiale, esiste la sua componente psichica e quella spirituale. Secondo le più antiche tradizioni, che traggono origine da quelle misteriche dell’antico Egitto, esisterebbe una sorta di “anima della casa” che i romani, cultori delle leggende e della religiosità in tutte le sue sfumature, definivano “Genius Loci”.
Da sempre le diverse culture della spiritualità parlano, infatti, di entità spirituali che custodiscono le case ed luoghi a noi cari. Moltissimi sono i “Genius loci” che hanno, in un certo senso, protetto nel passato tanto potenti città quanto i piccoli villaggi nonché le costruzioni e luoghi di ogni tipo, per cui ogni abitazione è stata influenzata dalla presenza di queste entità. Oggi ci facciamo beffe di queste credenze, ma nei secoli scorsi, la credenza in questi esseri (di forma umana, ma anche di animali e vegetali) era talmente forte da lasciare sempre un’impronta nei nomi delle città o dei paesi o di alcuni luoghi fortemente energetici. La città di Napoli, ad esempio, nell’età classica portava il nome di Parthenope.

Questa era una affascinante sirena che, poiché non era riuscita a sedurre Ulisse ed i suoi compagni nel loro viaggio verso Itaca, si diede la morte in mare; il suo corpo arrivò con le onde fino al golfo di Napoli, e diede il nome al luogo che divenne città e che si sviluppò in quel posto. Chi non riconosce, infatti, nei cari napoletani (sotto l’influsso affascinante del loro Genius Loci) una certa “seduttività” sia per il loro modo di esprimersi fantasioso e musicale, sia per la loro dialettica sottile e coinvolgente che ci lascia sempre incantati (un esempio è il grande filosofo e scrittore Luciano De Crescenzo), sia per la loro passionalità.

Per i Romani il Genius loci era quindi la divinità protettrice di un luogo. La parola “Genius” deriva dal verbo latino “gignere” che significa “generare, creare”, ed era utilizzata per identificare il Nume che costituiva la forza creatrice, la “vis generandi” dell’uomo. Il genius era una figura centrale nella religione romana; a lui veniva consacrato soprattutto il “Dies Natalis”, il giorno di nascita dell’uomo (ma possiamo pensare la stessa cosa consacrando al nostro genius il giorno della “nascita” della nostra casa), ed allo stesso tempo accompagnava l’uomo in tutto il suo percorso di vita fino alla morte.

Con il passare del tempo il concetto acquistò sempre maggior valore; il genius si trovava ovunque, si percepiva la presenza di un’entità superiore che custodiva e proteggeva. Quindi, accanto ai genii dei singoli personaggi, troviamo anche i genii delle famiglie (genius familiaris), delle singole comunità (come ad esempio il “Genius Populi Romani”), il genio dei luoghi cioè il genius loci.  Questa era la divinità protettrice di un determinato luogo ma allo stesso tempo proteggeva tutti quelli che abitano in un determinato posto e coloro che erano soltanto di passaggio o vi lavoravano. Il genius era allo stesso tempo addetto alla protezione di quei luoghi ove era difficoltoso il transito e proteggeva le terre di confine dalle eventuali incursioni di popolazioni nemiche. Il genius in qualità di forza creatrice, vis generandi, veniva immaginato come essere superiore ed animato.
L’animale sacro
, spesso, era il serpente (non a caso le spire del serpente e di suo ondeggiare richiamano l’Onda Elettromagnetica ed i CEM che portano informazioni e codici) e con questa forma, sovente, lo troviamo rappresentato in diverse espressioni artistiche. Sotto le sembianze di serpente, il genius loci può essere paragonato al greco “agathòs daimon”, genio benevolo, come si evince da un passo di Servio, uno dei più importanti commentatori di Virgilio il quale racconta che “i Romani chiamavano genii i serpenti denominati agathodaimones”. A Pompei, si trova una pittura, all’interno del “lararium” dell’atrio servile della Casa del Centenario, dove è raffigurato il serpente agatho daimon che si avvicina ad un altare. Del resto “dipingere serpenti sulle pareti”, come riferisce Persio, autore latino vissuto nel I sec. d.C. “serviva a proteggerle dal sudiciume”, come ad indicare che esse erano sotto la tutela del Nume.

Il Genius loci sotto le sembianze di serpente lo si ritrova anche in alcune pitture parietali di Ercolano una delle quali lo riproduce come un serpente che si avvolge attorno ad un altare per nutrirsi dell’offerta che vi era posta sopra. Questa immagine trova uno stringente confronto in alcuni versi dell’Eneide. Nel libro V si legge che nel momento in cui Enea si accinge a fare offerte sulla tomba del padre Anchise ad un tratto “dai profondi recessi un viscido grande serpente trasse sette cerchi, sette volute, aggirando quietamente il tumulo, strisciando tra le are….
Quello (il serpente) con lungo snodarsi tra i calici e le terse coppe libò le vivande, e innocuo discese di nuovo nel profondo del tumulo e lasciò i degustati altari. Perciò maggiormente (Enea) rinnova le intraprese onoranze al genitore, incerto se pensare che sia il genio del luogo (genius loci) o un ministro del padre”. Servio
scriveva: “nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio). Secondo le prescrizioni del Movimento Tradizionale Romano, il Genius loci non va confuso con il Lare (come i Lari Compitali e i Lari Permarini). Inoltre quando si invocava il Genius loci bisognava precisare “sive mas sive foemina (che sia maschio o che sia femmina) perché non se ne conosceva il genere.

Al Genius venivano offerti sempre fiori, vino e pane. Spesso per i luoghi più importanti poteva esser rappresentato sotto sembianze umane.
Un esempio è costituito dalla rappresentazione del genio del Monte Celio, a Roma, raffigurato come un uomo barbuto seduto su un monte con a fianco una pianta di alloro e sotto di esso la legenda “Genius Coelimontis”.
Un altro esempio emblematico che troviamo in Svizzera (Canton Ticino) dove non si è rispettato il Genius Loci e la “negatività” millenaria del luogo che è sempre stato considerato nefasto: il “sasso del diavolo”(Tesserete). Infischiandosene delle antiche tradizioni popolari, gli amministratori locali ci  hanno costruito sotto un grande centro ricreativo con piscina. Ora il luogo nefasto ed il Genius Loci mi sa che non porteranno una grande fortuna e benefici agli utenti. Speriamo che le nuove energie e nuovi Genii siano in grado di cambiare lo stato delle cose.

Oggi dovremmo risvegliare nei nostri cuori e nelle nostre menti la “sacralità”che abbiamo smarrito in favore di una cruda realtà, di un falso illuminismo, di un falso progresso che ci sta conducendo alla rovina. Dovremmo risvegliare queste entità “energetiche” anche per proteggere il nostro territorio, non contro gli invasori, ma contro chi lo deturpa, chi lo danneggia irreparabilmente. I poco nobili “Writers”, che imperversano soprattutto nelle nostre città, spruzzando con le bombolette di colore segni o sigle i nostri muri, sono i moderni deturpatori della sacralità delle nostre abitazioni, sfigurandone la bellezza esterna, il colore, l’energia delle forme e la sua “purezza”. Esattamente come i moderni “tatuatori” che spesso (con disegni ed onde di forma distruttive, vedi quelle dette tribali) deturpano la pelle e quindi la struttura protettiva dell’uomo ed i suoi sacri codici vibrazionali.

Il Genius Loci possiede una particolare “forza” che deve essere prudentemente rispettata e capita per meglio convivere e rapportarci con essa soprattutto perché la nostra abitazione, è definibile come “la nostra terza pelle”.
Ora vi dico di più: la nostra casa è in realtà un essere vivente, una creatura che a ragione potrei definire “viva”, che respira, si nutre, soffre e gioisce con i suoi padroni, una creatura energetica e sottile che ci comprende, ci protegge,  e ci nutre.
Possiamo definire il “Genius Loci” come l’energia sottile che è, per semplificare il concetto, la somma di ogni vibrazione e di ogni onda di forma del contenuto della casa stessa; i materiali di costruzione, le strutture di sostegno, le forme geometriche impiegate, l’energia del terreno, del luogo, dei corsi d’acqua circostanti, dei vecchi proprietari e di tutti gli oggetti contenuti. Come un insieme di cellule organizzate costituisce un corpo ed un insieme di neuroni ed organuli collegati sapientemente costituisce il cervello così il Genius Loci non è altro che la “risonanza eterica e sottile” di ogni singola parte materiale ed energetica, è un’energia sottile fortemente sacra, che anima la casa, che la fa respirare, vivere, pensare ecc… Come l’Anima abita nel nostro corpo fisico e lo vitalizza rendendolo sacro così il Genius Loci agisce nelle nostre abitazioni, così come agisce nelle chiese e nei luoghi sacri, dove è molto potente e ci favorisce la connessione con le vibrazioni più alte, con le sfere luminose della cui energia è costituito.

 A proposito di sacralità della vita
Il corpo fisico è realmente il “tempio” della nostra anima, come gli spiritualisti ci ripetono ogni giorno (da oriente ad occidente) e così anche il corpo ha il suo involucro che lo contiene: la casa, la sua abitazione, il suo nido con l’energia che gli è stata assegnata e si è consolidata nel tempo. La casa si è nutrita dell’energia e dei pensieri di chi l’ha disegnata e progettata, del terreno su cui è stata edificata, dall’energia e pensieri degli operai che l’hanno plasmata, dai materiali di costruzione che fanno da struttura portante e dal legame sacro con la madre terra, dall’energia dei padroni che l’hanno posseduta e da che vi abita. Dal momento che la nostra Anima (realtà non visibile) vive in un corpo fisico (visibile) ed ha interazione con esso per tutta la vita e dal momento che la Casa ha una sua “particolare”anima, questa avrà una un’interazione sia con l’anima che con il corpo fisico dei suoi abitanti. Non vedo cosa ci sia di così scandaloso pensare in termini di spirito e di energie sottili ed invisibili quando parliamo di “casa” nel senso più lato del termine.

Iniziamo a ragionare non con i codici della materialità, bensì con i codici dello spirito che vanno al di là dello spazio e del tempo. Alcune case antiche posseggono sempre il loro “Genius Loci”, questo viene considerato, banalizzando la cosa, un fantasma magari arrabbiato, dispettoso, piangente, ecc…e case antichissime, come templi, monasteri come anche le piramidi egiziane hanno dei “genius” con forze ed energie incredibili, con poteri magici e potenti.  Nei miei corsi insegno sempre come creare un “genius loci” che possa andare oltre la vostra morte fisica, che rappresenti la interfaccia invisibile dell’abitante della casa e che conduca i vostri eredi all’equilibrio che era stato da voi raggiunto.

Quando consegnate la vostra casa ad un famigliare o ad un acquirente dovreste fare un rituale di distacco e di bene-volenza.

 La Bioarchitettura
Oggigiorno il termine “genius loci” è divenuta un’espressione adottata in architettura
e soprattutto in Bioarchitettura per individuare un approccio metaforico e fenomenologico allo studio dello spazio ambientale, interazione di luogo e identità. Con la locuzione di genius loci si intende individuare l’insieme delle caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano un luogo, un ambiente, una città. Un termine quindi trasversale, che riguarda le caratteristiche proprie di un ambiente interlacciate con l’uomo e le abitudini con cui vive questo ambiente; si suole cioè indicare il “carattere” di un luogo.

Molti architetti e domoterapeuti affermano, nei corsi di bioarchitettura che si tengono oramai in tutte le regioni italiane, che vivere la contemporaneità significa sempre di più essere costantemente all’interno di flussi energetici non sempre positivi per il nostro corpo-mente: stress lavorativo, bassa qualità ambientale, inquinamento chimico, squilibri energetico-percettivi degli spazi, campi elettromagnetici insostenibili, geopatie emergenti, ecc… tutto questo lede continuamente il nostro organismo, incide negativamente sulla nostra psiche e, in poche parole, abbassa la nostra qualità di vita sino a creare potenziali pericoli per la nostra salute.

Ci sentiamo di confermare queste osservazioni rilevando che anche la scienza medica (accademica ed ortodossa) non può più negare l’evidenza di quanto sia importante una concezione “olistica” e globale dell’uomo, inteso come unità fisica, psichica e spirituale. Questa complessa unità è sempre presente influenzando a vicenda i vari aspetti dell’uomo, una sofferenza od uno shock abbassano l’umore influenzando così il sistema PNEI che a sua volta ci predispone alle malattie.

 La vostra abitazione è un luogo salubre?
Nonostante tutti i nostri impegni passiamo sempre una gran quantità di tempo a casa, fra le mura domestiche dovremmo quindi trovare la possibilità di “ricaricarci” nel corpo, nella mente e nello spirito. Non è così!

L’inquinamento chimico provocato dai materiali edili e dalle finiture sintetiche influisce sul nostro organismo, i campi elettromagnetici e le geopatie compromettono continuamente le nostre difese interferendo con le nostre comunicazioni cellulari, con i nostri sistemi ghiandolari, nervosi ed immunitari, le disarmonie energetiche dell’ambiente si trasformano cosi in un vero e proprio inquinamento dannoso.
Negli ultimi anni i termini “bioarchitettura”, “bioarchitetto”, “architettura naturale”, “architettura bioecologica”, ecc., si sono inseriti nel nostro mondo culturale e scientifico in modo sempre più profondo. L’obiettivo di tutti quelli che si occupano di abitazioni in equilibrio con la natura ed il genius loci  è quello di far sì che la casa torni ad essere un luogo dove il nostro benessere aumenti, migliorando la qualità della nostra vita, ritrovando un ambiente rilassante e tranquillo dove l’uomo nella sua unità sia appagato e sereno.
Si interviene quindi con la bioarchitettura ecologica, con studi psico-emozionali, con il feng-shui (analisi delle energie sottili o bio-energetiche) legate alla casa, alle forme, ai colori ed ai simboli che essa contiene, ecc…
Parlare di bioarchitettura oggi significa prima di tutto ricondurre l’uomo (e la sua ricerca di benessere) al centro del progetto della propria  casa e del proprio spazio.
Vedere la casa in questo modo significa idealmente avvicinare l’uomo a  ciò che  ha sempre fatto, cioè costruire case ed edifici dove stare bene; sembra estremamente banale, ma in un contesto socio-lavorativo come quello odierno, dove si è costretti a passare il

90-95 % del proprio tempo fra quattro mura dove la qualità degli edifici è direttamente relazionabile con una serie di patologie fisiche, impone la revisione del modo di concepire i progetti. Questa concezione, prima teorica e pratica poi, nasce nell’area mitteleuropea, Svizzera, Germania ed Austria in prima linea, e si impreziosisce di importanti contributi dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti. In Italia queste discipline sono sempre state viste con scetticismo, anche a causa di mancanza di comunicazione da parte dei media.
La bioarchitettura non è uno “stile ” che si contrappone alla normale edificazione, ma una valente realtà di creare edifici dove l’uomo deve stare bene ed in salute.
Il suffisso “bios”, cioè vita, rafforza l’importanza che l’ambiente in cui viviamo riveste per l’uomo, inteso come organismo psico-fisico.

Dobbiamo ricordare, come “anti-bios”, la misconosciuta (dalla maggioranza di architetti e di medici) “Sick Building Sindrome, sindrome da palazzo malato” a cui fanno riferimento anche le normative nazionali ed internazionali mentre invece, in senso “bios”, una moltitudine di ricerche ed interventi che influiscono direttamente sulle persone fisiche come biomateriali edili e finiture, luci e colori, bioimpianti tecnici termici ed elettrici, microclima interno, controllo dei campi elettromagnetici, sistemi di smaltimento rifiuti, dispositivi di biocompensazione, ecc…

In caso di dubbio, pensate sempre alla vostra casa come alla vostra “terza pelle” che vi dovrà proteggere dall’ambiente esterno e dovrà essere anche confortevole ed a misura vostra e della vostra famiglia, prima di intraprendere qualsiasi tipo di intervento su di essa, chiedendovi se quello che mettete in essa o sopra di essa possa essere in sintonia con voi ed il vostro “Genius Loci”.

La casa è quindi uno spazio sacro

Perché definire la casa uno spazio sacro? Abbiamo visto nei capitoli precedenti che la casa non è semplicemente uno spazio costruito con mattoni ed altri materiali da costruzione inerti. La casa ha una sua vita propria, esattamente come ogni singolo elemento ha una sua forza, una sua vibrazione, una sua memoria, una sua vita, una sua “anima”. L’insieme di tutti questi elementi crea un corpo più grande, esattamente come un’infinità di cellule di vario tipo costituiscono una creatura umana, dotata di vita propria, di pensieri, di una sua “voce” caratteristica, di un suo carattere, di un particolare temperamento e soprattutto di una sua particolare ed unica anima. Alcuni architetti che hanno avuto il dono di saper leggere nella profondità dei simboli e dei segni, degli oggetti, dei materiali e delle forme ci assicurano che la casa è un essere vivente; e tutti noi ne siamo profondamente convinti.

Lo spazio sacro di Imre Makovecz
L’architettura di Makovecz segue la filosofia antroposofica Steineriana. Imre afferma che avrebbe sempre voluto progettare esseri viventi e le case devono essere come esseri viventi in cui si può entrare, che sono trasparenti alla luce e, all’interno, gli alberi sono pietrificati.
Ogni tanto l’albero diviene la struttura del tetto
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Sempre, i suoi progetti richiamano qualcosa di vivente. Pensa al suo edificio come se questi spuntasse dalla terra.
Accanto agli antichi simboli tipici della tradizione e della cultura ungherese, appaiono quelli cristiani, che pian piano li soppiantano.
Il mondo spirituale non si é preoccupato più di tanto, invece che Brigid l’hanno chiamata Madonna, ma l’energia é la stessa. L’importante é l’acqua che vive nella bottiglia, non la bottiglia.
Nell’”Architettura Organica” si utilizzano molti simboli e segni e si cerca di ritrovare un equilibrio, un nesso, tra uomo, terra e cielo, dove un posto importante è per l’uomo che prende in mano la situazione, e, attraverso l’uomo e la sua opera, bisogna che si manifesti sempre la natura, perché se il ciclo si spezza, il mondo diventa disumano.

Queste considerazioni ci ricordano il bellissimo Film “Avatar” di James Cameron in cui la Natura è la grande protagonista e ci racconta, con i suoi simboli ed i suoi sussurri, di un mondo parallelo fatto di luci, forme, simboli e sensibilità di cuore.
Gli edifici progettati da Makovecz cercano di inserirsi nel contesto in cui si trovano per questo lui non progetta il solo edificio, ma anche tutto quello che appartiene al sito in cui questo è edificato: sia il territorio che gli é attorno, sia l’arredamento che é all’interno.
Makovecz è arrivato perfino a disegnare i tovaglioli dei ristoranti, perché il suo desiderio più vivo è eseguire un lavoro assolutamente perfetto.

Gli animali reagiscono a tutte le sollecitazioni naturali, ai cambi stagionali e climatici, ai campi EM, alle radiazioni cosmiche, a quelle ultraviolette, ecc… ricordiamo come i gatti amino dormire sopra gli elettrodomestici, mentre i cani no; gli esseri umani si sono sempre più rinchiusi in città e nelle abitazioni ed hanno perso questa capacità di “sentire” i luoghi a loro benefici.  Spesso le nostre case vengono create adottando  una meticolosa progettazione e arredandole in modo sfarzoso, senza pensare all’impatto che possono avere sia sull’ambiente che sulle persone che le abiteranno.
Volendo costruire un edificio bioecologico è necessario che a monte esista un progetto che tenga in opportuna considerazione tutti gli aspetti: cioè che si contribuisca alla realizzazione di una casa che sia salubre non solo per chi ci abiterà ma anche per l’ambiente e la società nel suo complesso.
Auspico che in un prossimo futuro si dedicherà una particolare attenzione alla cultura e alla tipologia costruttiva locale, inoltre alla valutazione attenta di quali siano i costi energetici dei materiali usati, i costi energetici per la costruzione dell’edificio, il riciclaggio  e lo smaltimento dei rifiuti in modo da rendere minimo l’impatto ambientale della costruzione.

Come individui e come società diventerà sempre di più fondamentale imparare a progettare e adattare le nostre case in modo tale che l’utilizzo di aria, acqua e energia non aumentino l’inquinamento.
Il rapporto tra la Psiche (anima) ed il Corpo e tra l’Uomo e la sua Casa non solo viene ad assumere in questo contesto un ruolo chiave ma è anche fonte di ricerche in ogni campo. Come non vedere ad esempio che un grande disordine nella camera da letto, per esempio, od in tutta la casa è in sintonia con un grave disordine mentale di chi vi abita? Mettete in paragone due giovani figli uno ordinato ed uno disordinato e provate ad esaminare i soggetti con vari test proiettivi e vedrete che statisticamente vi sono parallelismi “non casuali”.

 La casa ed il mondo psicologico
La casa non è solo il luogo fisico costruito e abitato dagli uomini. Essa è anche una rappresentazione simbolica ed analogica spesso utilizzata in Psicologia. Infatti, ad un livello psicologico profondo, la casa va a costituirsi come le fondamenta stesse della vita psichica di una persona, per cui “essere a casa” equivale a “essere integri a livello psicologico”. Secondo Papadopoulos,  “la casa non è soltanto un luogo, ma anche il fascio di sentimenti associato a esso”. Essendo, inoltre, il posto dove gli opposti vengono fatti coesistere e dove sono mantenuti in equilibrio, ovvero contenuti, la casa va a definirsi come la matrice stessa della sioggettività. L’azione simbolica realizzata dalla casa sulla vita psichica degli individui si riflette anche su quella sociale, andando a rappresentare un costrutto chiave che riunisce, ed in parte sovrappone, tre campi: oltre a quello intrapsichico, anche quello interpersonale.
Di conseguenza, quando per esempio si perde la casa, la propria abitazione, il proprio nido si perdono o si frammentano anche le sue funzioni organizzatrici e contenitrici e ciò può portare alla frantumazione dei tre livelli: individuale-personale, familiare-coniugale e socio-economico  nonché culturale-politico.
Un’altra funzione importante della casa è quella di fornire una base coerente alla storia delle famiglie. Una storia che non ha valore obiettivo ma che ordina e rende coerente tutti i momenti che gli individui hanno vissuto, da quelli peggiori a quelli migliori. In questo modo essi sono resi intellegibili, comprensibili e danno, agli attori di quegli stessi eventi, un senso di continuità e di prevedibilità.

 Lo Space Clearing (domo terapia applicata)
Sono d’accordo con  l’amico Arch. Gigi Capriolo che nel suo volume “Lo space clearing, armonia della casa” ci dice che
dobbiamo esser grati sia alle antiche Tecniche Feng Shui sia allo Space Clearing che hanno finalmente risvegliato l’interesse di tanti sulle energie e sui loro movimenti all’interno delle case ma, se vogliamo con attenzione rivolgerci alle nostre tradizioni, ci accorgiamo come, anche nel nostro continente, si sia sempre stati molto attenti a tutte le problematiche degli edifici: l’orientamento e la disposizione degli ambienti hanno dettato legge nella progettazione delle nostre antiche dimore e l’ordine, la simmetria e la pulizia sono sempre stati i mezzi per portare ogni casa in equilibrio.

Più che riferirsi a pratiche che giungono da regioni lontane e da tradizioni tanto differenti, facciamo riferimento a ciò che si può fare con l’utilizzo di pratiche che ci siano più consone e più vicine alle nostre radici.
Il riequilibrio energetico dell’ambiente è il mezzo che porta ad una buona e armonica circolazione dell’energia, contribuendo così alla serenità e al benessere dei suoi abitanti.

Liberare gli spazi può aiutare a liberare la mente e il riequilibrio energetico dell’ambiente può essere considerato l’arte di purificare e consacrare le energie presenti negli edifici.
La necessità primaria è quella dell’ordine, dell’armonia e della pulizia che si devono trovare in ogni ambiente di una casa.
La prima azione che dobbiamo fare, se veramente vogliamo ritornare all’equilibrio, è liberarci del miscuglio di cose inutili e incompiute che tendiamo a stipare negli angoli delle nostre case, dove restano ad accumularsi, facendo ristagnare le energie; e ristagnano, e non si liberano, dove si accumulano troppe cianfrusaglie e oggetti indesiderati.

Questo, però, è anche il sintomo di ciò che sta accadendo nella nostra vita: mettendo in ordine cassetti e armadi, ci si disfa non solo di capi e oggetti superflui, ma anche di legami con il passato e di blocchi mentali che impediscono che nuove e migliori energie fluiscano nella nostra vita. Liberarci di tutto ciò che è vecchio e obsoleto per noi è un gesto liberatorio ed eliminare vecchi vestiti e souvenir improbabili giova a tutti: quindi liberiamo le nostre energie e lasciamo che la pulizia e l’ordine cambino la nostra vita!
Quando in casa ci sono soltanto le cose che si amano, o si usano, allora essa diventa una fonte inesauribile di sostegno e nutrimento.

Per riuscire a leggere con una chiave di lettura più ampliata e stabilire un collegamento con l’ambiente energetico che ci circonda, riportando in  armonia la nostra vita, è opportuno comprendere che cos’è il superfluo, in tutti i suoi livelli di utilità, perché questo ci può aiutare nel vedere la nostra casa come lo specchio di noi stessi, delle nostre emozioni, dei nostri desideri e dei nostri successi, e ci permette, anche, di fare un viaggio al nostro interno, perché, spesso, gli oggetti di cui amiamo circondarci sono la proiezione dei nostri bisogni, delle nostre paure e dei nostri desideri. Siamo consapevoli che l’uomo vive grazie al metabolismo del nostro corpo, ma, forse, non abbiamo la consapevolezza di ciò che potrebbe essere chiamato il metabolismo degli oggetti che possono essere entrati nella nostra vita, ma che, per poter permetterci di vivere armoniosamente, devono anche poterne uscire.

Gli oggetti sono energia che transita in noi (come noi stessi possiamo essere considerati uomini in transito sulla Terra) pertanto è buona cosa poterli utilizzare fintantoché abbiamo bisogno di loro. Il motivo per cui accumuliamo gli oggetti  dobbiamo ricercarlo nelle ragioni psicologiche che ci obbligano ad accumulare. L’insicurezza, il sentimentalismo, il gusto di possedere, il desiderio di autostima, l’avarizia ci portano a trattenere un qualcosa che, poi, ha una grande influenza sulla qualità della nostra vita.
Mettere ordine nella propria vita, aiuta a farci sentire a nostro agio, ci rende padroni delle nostre cose e ci dà più sicurezza in noi stessi.
Ecco che imparare a sbarazzarsi del superfluo, conservando solo ciò che è utile o che ha un valore sentimentale, contribuisce a renderci sereni e fiduciosi nelle nostre capacità.
Così se liberiamo il nostro spazio, se “facciamo piazza pulita” di tutto, stimoliamo il nostro benessere e la nostra creatività. Avere spazi più ordinati ed organizzati favorisce un modo di pensare più salutare ed equilibrato, sempre aperto ad accogliere tutte le opportunità che la vita ci offre. Il concetto di casa è collegato al nostro stato di benessere psicofisico e alla capacità di vivere meglio la nostra vita: basta saper amministrare i nostri sforzi e le nostre energie ed avere un po’ più di coraggio nell’allontanare da noi tutto quello che, in fondo, non ci è veramente utile.
Gigi Capriolo ribadisce inoltre che così come per la pelle dell’uomo sono importanti sia la salute che la possibilità di respirare è importante che sia salubre anche la sua seconda pelle, l’abito, che va confezionato con fibre naturali e permetta di respirare”.    

La terza pelle dell’uomo, la sua casa, deve permettergli di respirare tutte le vibrazioni che lo attorniano e che solo loro gli permettono di vivere. L’uomo deve avere la possibilità di ricaricarsi energeticamente per mezzo dell’afflusso vibratorio che la terra e il cielo gli offrono.  La permeabilità di cui si è parlato non è quindi quella minimizzante di un’interazione della costruzione che permetta all’aria, alla temperatura e al vapore esterno di tenerlo in equilibrio, ma è la possibilità che l’uomo possa attingere costantemente al grande serbatoio che gli dona, tutte le energie variabili: energie utili al suo complesso sistema di vita. E’ l’innesco di un moto continuo in cui ci si pone in modo naturale nei confronti di tutto ciò che sta attorno”.
Da questo punto egli sviluppa un pensiero che sfocia in una concezione della “sacralità” della vita  nella quale l’uomo va visto come essere consapevole del suo compito terreno, della sua funzione estremamente importante; per cui anche la casa va  concepita come un “essere vivente” , perciò deve essere la cassa armonica dove l’uomo può permettere l’esaltazione delle sue vibrazioni, del suo essere qui nello stesso modo in cui la cassa di risonanza esalta il suono  emesso da una corda eccitata.

La nostra abitazione andrebbe quindi realizzata con il presupposto che è indispensabile garantire all’insieme dell’edificio una vita che nel suo complesso cerchi di riprodurre il modo di funzionare del nostro organismo e in particolare della nostra pelle.
Nella nostra epoca siamo passati da una scarsità di cure ad un eccesso di cure, spesso non sempre positive. Basti pensare che il nostro diffusissimo sistema di pulizia spesso è finalizzato più alla commercializzazione di prodotti che dovrebbero tenere in efficienza i nostri tessuti cutanei, non danneggiarli, o alla scelta di abbigliamento di firma confezionato però con fibre sintetiche solo apparentemente comode e pratiche ma  dannose per il nostro organismo.   

Per quanto riguarda la nostra casa,  infine, le moderne tecniche costruttive non sempre sono in grado di garantire le caratteristiche più sane, ma andiamo a ripassare le funzioni della nostra pelle così da capire meglio il parallelismo pelle/casa. La nostra cute è formata da diversi strati cellulari sovrapposti, e l’ultimo è formato da sottili cellule di cheratina e possiede alcune caratteristiche indispensabili alla sopravvivenza dell’organismo.Deve garantire permeabilità in modo da consentire lo scambio fisiologico tra esterno e interno, deve essere elastica e resistente alle pressioni e all’usura, deve  costituire un’efficace difesa contro gli agenti esterni e  chimici, inoltre deve garantire una scarsa conducibilità elettrica e termica. 
La pelle è ricchissima di nervi, vasi sanguigni, e di ghiandole sudoripare e secretorie che attraverso i pori riversano all’esterno il loro contenuto.Questo liquido che viene secreto sulla pelle serve a mantenere la temperatura corporea costantemente intorno ai 37 °C, infatti, se la temperatura esterna sale noi generalmente sudiamo, in modo che queste gocce nell’evaporare realizzino la loro funzione di refrigerarci per evitare pericolosi innalzamenti termici.
E’ proprio attraverso questa rete di minuscoli canali che la nostra pelle respira e compie in tal modo una funzione vitale indispensabile, infatti, nel caso di un’ustione diffusa avviene inevitabilmente la morte per asfissia interna, e senza la pelle (oltre ai polmoni) non avremmo l’ossigeno necessario alle funzioni vitali.Un altro compito importante della pelle è “espulsione dei residui metabolici”, infatti interagisce con la funzione fisiologica dei reni aiutandoli a svolgere le loro attività di filtraggio.

Dal punto di vista delle funzioni sensoriali tattili la pelle è l’organo che mette l’uomo in rapporto con l’ambiente circostante; è stato calcolato infatti  che contiene circa 280.000 terminazioni nervose sensibili alla temperatura,  500.000 per il tatto e 3.000.000 per il dolore. Quindi la pelle è l’organo più importante per la difesa degli organi interni, assicurando una funzione termoregolatrice, contribuendo all’eliminazione delle scorie organiche, comportandosi anche da veicolo di comunicazione sensoriale; per questi motivi è fondamentale mantenerla sana ed efficiente, curandola e privilegiando ambienti di vita salutari. La nostra seconda pelle saranno i vestiti, che oltre a proteggerci dalle aggressioni esterne, dovrebbero essere in grado di garantire la massima traspirabilità al pari della nostra prima pelle.  

Purtroppo, l’abbigliamento moderno nella maggior parte dei casi è confezionato con fibre “sintetiche” non in grado di consentire queste funzioni ma soffocando la pelle.Queste non permettono alla pelle di respirare, di espellere le scorie metaboliche con la sudorazione e spesso non consentono l’evaporazione del sudore per mantenere la temperatura corporea soffocando la pelle. Da questa situazione deriverà quella sensazione tipica di malessere legata all’uso di questo genere di abbigliamento, inoltre come tutti sappiamo le fibre sintetiche accumulano una carica elettrostatica. Infatti quando ci togliamo questi tipi di abiti  li sentiamo crepitare ed al buio notiamo, a volte, delle scintille; questa scarica elettrica può favorire uno stato di stress sul sistema nervoso dato che l’elettricità statica e l’elettrizzazione in genere agiscono sulle nostre cellule con diversi effetti biologici.   

La terza ed ultima pelle infine è la nostra  casa, per cui, riflettendo su quello che è stato detto fin qui, essa dovrebbe respirare e permettere uno scambio d’aria con la libera uscita dei vapori; il fine è quello di e consentire il passaggio delle onde cosmiche e di tutte le energie naturali essenziali  per la vita ed essere priva di tutte le cariche elettrostatiche.  
Le nuove costruzioni, con l’avvento di nuovi materiali creati in laboratorio e non confacenti alla natura, creano un ambiente “morto” con nefaste conseguenze per chi le abita; abbiamo già descritto la “sindrome da edificio malato” causata da varie fonti di inquinamento. Materiali non biocompatibili possono produrre emanazioni tossiche o dannose e possono formare una barriera impermeabile non porosa che impedisce la corretta traspirazione dei locali. Inoltre, essi hanno la tendenza a caricarsi elettrostaticamente determinando disagi all’interno degli ambienti per la modificazione indotta dell’equilibrio nella ionizzazione dell’aria. Le murature, in particolare, hanno un ruolo di assoluto rilievo per quanto riguarda la possibilità di creare un microclima sfavorevole, senza contare che anche gli impianti (elettrico, idraulico, termico), come pure la presenza di altri elementi presenti sul luogo di costruzione, possono alterare il clima dell’ambiente.  

La casa si è potrebbe trasformare da simbolico e sacro rifugio per l’uomo, in un  luogo inquinato e inquinante.
Come si comporterà il nostro cervello, il nostro sistema nervoso e soprattutto la nostra mente in una casa malsana, con dense e pesanti energie negative? Pensate a quale livello di stress globale potrebbe essere sottoposta la psiche umana che è collegata strettamente con il corpo fisico; sarà in grado di compensare gli stimoli degli inquinanti fisici e sottili?

Un ultimo consiglio: Consultate sempre un esperto in Medicina dell’habitat e Domoterapia, prima di costruire o ristrutturare la vostra abitazione; egli vi farà scoprire il vostro Genius Loci e vi indicherà la strada migliore per conoscere ogni segreto del buon vivere, riposare e rigenerarvi in una casa a misura vostra e della vostra…anima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’Omeopatia, fino a pochissimo tempo fa considerata pratica “cialtronesca ed insensata”, è sempre stata la base delle cure praticate dalle cosiddette “medicine alternative o non convenzionali”.

In questo spazio, non ben definito dalle leggi, tempo fa professavano l’arte omeopatica, perseguitati dalla scienza accademica ed ortodossa grazie a leggi preistoriche, pochi esemplari di medici, fuoriusciti dall’ortodossia e per questo angariati e derisi anche dai loro colleghi ed i rari veri naturopati, naturisti o igienisti, da sempre presenti (come depositari di un’antica e sacra professione medico-iniziatica) nel contesto delle terapie di confine e non ortodosse.
Vediamo, per ben spiegare i controsensi ed i contorsionismi della scienza medica accademica e dei legislatori italiani, cosa scrive il “bollettino trimestrale dell’ordine dei medici” del mese di novembre-dicembre 1991 a firma Dott. Fabio Franchi p.18. Costui evidenzia, chiaramente, la non pertinenza ed attinenza dell’Omeopatia con la Medicina Accademica ed ufficiale.
L’Omeopatia è tutt’altra cosa rispetto alle cure mediche tradizionali: vale a dire che è una pratica non riconoscibile nel panorama della scienza medica si fonda sulla scientificità.
Del resto anche l’allora commissario del Ministero della Sanità, Prof. Silvio Garattini, ha esplicitamente e chiaramente affermato, nelle sue varie citazioni, scritti ed interviste, che l’Omeopatia è una pura “illusione”, è cioè “acqua fresca” e non ha assolutamente nulla a che vedere con i “farmaci ed i veri medicinali” tantomeno con le “cure che si definiscono mediche”; cioè sarebbe un “preparato” da depennare da ogni farmacopea che si rispetti; tanto che anche il legislatore si adegua, vedi ad esempio DL 17 marzo 1995 art. 2 ed art. 3 in cui specifica che il rimedio omeopatico:

“…non deve recare, sulle confezioni a livello di immissione in commercio, nè vantare in qualsiasi altro modo, indicazioni terapeutiche… è altresì vietata qualsiasi forma pubblicitaria presso il pubblico dei medicinali omeopatici di cui al comma 1…”.

Con questo si conferma ancora una volta, ove non fosse chiaro, l’incapacità e l’impossibilità (anche culturale) dei rappresentanti del ministero della sanità, governato quasi totalmente dai rappresentanti dell’ordine dei medici e supportato dalla industria del farmaco in senso lato, di comprendere appieno il significato, squisitamente biologico e naturale, dell’Omeopatia.
Faccio notare, inoltre, che esiste una legge che si rifà al decreto DL 29/5/1991 n.178 art.1, che cita: “…è medicinale ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo allo scopo di stabilire diagnosi medica o di ripristinare o correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale. Comma 2, per sostanza si intende qualsiasi “materia” di origine umana, animale o vegetale o di origine chimica, sia naturale che di trasformazione o di sintesi…”.

Ora, chiediamoci seriamente: dove è la “materia e sostanza” nell’Omeopatia? Siamo nel campo dell’acqua informata, al massimo. Nel campo delle informazioni sottili della fisica quantistica.
Qualche “fine e colto” legislatore è giunto al punto di trasformare e stravolgere la vecchia ed intramontabile definizione: “rimedio omeopatico”, usata fin dai tempi di Samuel Hahnemann, ridefinendola “farmaco omeopatico” e di fatto snaturandola completamente.
Codificata la definizione di farmaco, sorta proprio dal grembo del ministero della sanità, con questo comma soprariportato, si evidenzia ancor più che il rimedio omeopatico non potrà mai essere considerato, scientificamente, un “farmaco medicinale” cioè una molecola con attività “biochimica”. Eppure farmacologi ortodossi ed accademici si sono sempre vantati della scientificità dei farmaci. Come mai questi cambiamenti? Cui Prodest? Sappiate che questa visione della realtà è, come avrete ben inteso, sostanzialmente un falso scientifico, impostoci per legge!

In Italia oggigiorno non si può, per legge, fare pubblicità all’Omeopatia (codice penale docet) ma si è, curiosamente, “obbligati” ad acquistare il “farmaco o medicinale omeopatico” solo in farmacia e per di più sotto prescrizione del Medico Chirurgo (che, di fatto, non conosce e riconosce l’omeopatia come terapia valida e legale)…non sembra un assurdo kafkiano? La foto, con relative osservazioni ed avvertenze, di una confezione di un medicinale omeopatico, qui sotto riprodotta, metterebbe qualsiasi medico chirurgo sul banco degli accusati per aver “prescritto” un “medicinale omeopatico senza indicazioni terapeutiche approvate”. Non è ridicola ma anche pericolosa questa incongruenza?

Leggete bene: qualsiasi avvocato impugnerebbe la legge che dichiara “farmaco medicinale” l’Omeopatia

Hahnemann, in un certo senso “scopritore” dell’Omeopatia, uno dei primi studiosi delle scienze energetiche sottili che ha applicato un metodo non empirico e che ha proseguito, ampliandoli, gli studi delle antiche medicine, dall’Alchimia alla Spagiria, non avrebbe potuto, in questi tempi ed in Italia, con tali leggi insensate e con gli interessi che vanno oltre la missione sociale e sacra della medicina, dimostrare e far accettare il principio che l’assenza di “materia” nel rimedio fa l’effetto più grande…

Approfondite queste osservazioni e fatevi un’idea sana della Vera Scienza della Vita e della Salute, dei perché della malattia e della morte, senza farvi condizionare dai media e dagli strombazzamenti dei soloni della medicina. Gli interessi nascosti, per non cambiare certe visioni unilaterali, sono tanti e l’ignoranza è padrona del mondo, purtroppo!

Amalgama e Mercurio

 

La composizione dell’Amalgama, normalmente utilizzata per le otturazioni, prevede una metà in polvere costituita essenzialmente da metalli quali Argento (circa 70%), Stagno (18%), Rame (11%) e Zinco (1%), a volte, si trova anche Nikel e da una metà liquida dovuta al Mercurio a temperatura ambiente. In passato era presente anche un altro metallo pesante: il Piombo, in varie percentuali, da tracce fino al 3%.

Tutto ciò è contenuto in capsule predosate che vengono fatte vibrare per alcuni secondi attraverso l’utilizzo di un’ apparecchiatura apposita così da creare appunto attraverso questa miscelazione un composto che attraversa una prima fase di circa tre minuti in cui deve essere condensato nella cavità preparata per l’otturazione, seguita da una seconda fase dove deve essere modellato con una certa rapidità prima che si indurisca completamente. A distanza di almeno 24 ore seguirà poi la lucidatura e brillantatura attraverso gommini, spazzolini rotanti e polish montati su un manipolo. Questo, in sintesi, è quello che per decenni è sempre stato eseguito in tutto il mondo come si è soliti dire ”in bocca ai pazienti “.

Mi chiedo però come sia possibile che queste otturazioni al momento dell’esecuzione siano  considerate, dal Ministero della Salute, del tutto innocue mentre al momento della rimozione ogni dentista è obbligato per legge a smaltirle come rifiuti speciali tossico-nocivi! Una parte sempre maggiore di popolazione da alcuni anni si sta mostrando via via più sensibile alle problematiche relative ai danni da rilascio di mercurio (e metalli pesanti) nell’organismo che questo tipo di otturazioni comportano e che qui andremo a trattare.

Il mercurio metallico, infatti, non crea un legame chimico stabile con gli altri metalli che compongono questa lega, per cui è stato ormai ampiamente dimostrato che questo rilascio avviene oltre che per corrosione elettrochimica, che però ne rappresenta la minima parte, soprattutto attraverso fenomeni di capillarità del mercurio stesso che per così dire si fa largo in determinati punti del reticolo metallico, che forma e sostiene l’otturazione stessa, fino a comparire sulla superficie di quest’ultima sotto forma di micro-gocce (HgO) che possono quindi evaporare all’interno del cavo orale.

Questo processo chimico-fisico continua  a verificarsi ogni giorno della “ permanenza in bocca“ di ogni ricostruzione in amalgama. E’ stato dimostrato che, inizialmente, la quantità di mercurio presente in un’otturazione è pari al 50% mentre dopo dieci anni è pari al 25% fino a scendere al 5% dopo vent’anni.
Si può inoltre affermare che una ricostruzione di medie dimensioni rilascia nei primi 5 anni di vita qualcosa come 330 mg di mercurio sotto forma di vapori e un rapido calcolo fa capire che laddove le otturazioni fossero, ad esempio, in numero di sei o otto, come spesso capita di osservare nella pratica clinica quotidiana di tutti i dentisti, si giungerebbe facilmente ad una dose pari a circa 2500 mg cioè a dire un minimo di 1,3 mg al giorno (secondo alcuni studi più allarmistici la media sarebbe di almeno 10 mg al giorno).

Tutto questo mercurio viene, principalmente, assorbito attraverso inalazione diretta del vapore che riesce ad entrare in circolo attraverso il letto alveolare a livello polmonare ed in seguito giungerà nei distretti più lontani.

Vedasi anche i filmati su youtube:

http://www.youtube.com/watch?v=x5nkVMd7Yxc&playnext=1&list=PLB69BE4EEEEE817FF&feature=results_main

http://www.youtube.com/watch?v=7aQDNNoc-6g

L’assorbimento giornaliero di mercurio metallico, oltre che da ovvie variabili legate a differenze soggettive tra soggetto e soggetto come le forze masticatorie e l’aumento della temperatura intraorale, dipende poi da alcuni fattori quali il livello di igiene orale personale e il tipo di spazzolamento, la tipologia del cibo masticato e quanto questo sia più o meno acido, l’abitudine a masticare in eccesso chewing-gum, presenza di parafunzioni quali il bruxismo o il serramento delle arcate, fenomeni di elettrogalvanismo più o meno marcati eventualmente presenti, la superficie esposta in millimetri quadrati delle otturazioni e appunto il numero delle stesse.

La dinamica del rilascio di mercurio è influenzata in modo evidente dalla masticazione con un picco presente fin dai primi cicli masticatori del pasto e con un tempo non inferiore a due ore prima di poter tornare ai livelli basali visti sopra.

Attraverso esperimenti sulle scimmie utilizzanti l’isotopo radioattivo 203Hg si è potuto verificare la forte propensione del mercurio derivante dalle otturazioni a diffondere attraverso la barriera emato-encefalica nel sistema nervoso centrale con un trofismo elevato per l’ipofisi, organo chiave del sistema endocrino.
Altri organi interessati sono i reni, il fegato, la muscolatura scheletrica, stomaco e apparato digerente, i polmoni e le stesse ossa mascellari e gengive.

L’intossicazione acuta da mercurio è molto conosciuta in medicina mentre quella a carattere cronico da lenta assunzione proprio per le sue difficili metodiche di ricerca non è stata ancora sufficientemente indagata.

Secondo rigorosi ricercatori sembra infatti che molte e svariate patologie possano essere ricondotte all’amalgama e al mercurio in essa contenuto mercurio e tra queste vale la pena citare quelle cronico degenerative del sistema nervoso come l’Alzheimer , il Parkinson e la Sclerosi Multipla oppure molte malattie autoimmuni e varie forme di dermatiti.

Particolare attenzione inoltre va posta alla capacità di questo metallo di attraversare facilmente la placenta con le ovvie conseguenze sul feto e di essere assorbito dal neonato attraverso il latte materno. A livello fetale come anche a livello del sistema nervoso centrale il mercurio attraversa le relative barriere (placentare, nel caso delle donne in gravidanza e quella emato-encefalica) grazie al suo stato gassoso, ma una volta superate, trasformandosi attraverso processi ossidativi in mercurio ionico divalente, non è più in grado di percorrere il tragitto inverso rimanendo sequestrato in quei tessuti.
Questo fa capire come la concentrazione totale di mercurio nel sangue del feto possa essere superiore a quella riscontrata nel sangue materno.
Le conseguenze a livello dello sviluppo fetale e quindi sul neonato sono ancora in fase di studio e per adesso vi sono solo supposizioni non scientificamente dimostrate. Un altro aspetto di assoluta rilevanza è quello relativo all’aumento delle forme allergiche al mercurio e agli altri metalli presenti nelle otturazioni in amalgama con un’incidenza che supera l’1% della popolazione italiana. L’esame di ricerca più indicato utile per valutare la presenza di un aumento dei livelli di mercurio nell’organismo è certamente il “mineralogramma” eseguito attraverso l’analisi del capello ma anche attraverso il “metal test” delle Urine.

Sono test del tutto affidabili e riconosciuti dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità ) in grado di apportare informazioni sulla funzionalità del metabolismo rilevando quali equilibri siano stati alterati, di quali integratori minerali e vitaminici abbiamo bisogno, quali metalli tossici stiamo accumulando molto prima che si manifestino i sintomi o che le analisi rivelino la loro presenza.
Inoltre non presenta valori transitori come quelli del sangue o dell’urina, ma valori stabilizzati corrispondenti ad un periodo di storia bio-chimica di circa tre mesi.
Altri esami come il Patch Test, il Melisa Test, Dosaggio del Mercurio o il Profilo delle porfirine, vuoi per la scarsa affidabilità retroattiva, vuoi per il costo eccessivo, vuoi per una generica precisione grossolana o per la difficoltà a trovare laboratori di analisi in grado di eseguirli in tempi accettabili, non sono in effetti da richiedere.

Tutto questo finora detto fa capire come sia assolutamente consigliabile la rimozione di queste otturazioni in via di urgenza preventiva nelle donne alla ricerca di maternità e comunque in via generale in tutti gli altri soggetti, anche in coloro che non sembrano avvertire disturbi particolari.

Un altro motivo valido per intervenire rimuovendo le vecchie otturazioni, legato però alla salute non dell’intero organismo, ma a quella del dente interessato, è rappresentato dal fatto che molto spesso i molari e i premolari ricostruiti in amalgama da molti anni, a causa della frequente perdita del sigillo con inevitabile infiltrazione cariosa sottostante unita alla spinta offerta dalla pressione masticatoria, sono in larga misura interessati da fissurazioni verticali, linee di frattura più o meno profonde che rappresentano l’anticamera delle rottura del dente stesso ( l’effetto cuneo sulle superfici esterne del dente determina sottili incrinature evidenziabili facilmente con la videocamera endorale che mette in risalto come la luce indirizzata sulla superficie dello smalto venga interrotta da una linea netta oltre la quale non riesce a proseguire ).

Il momento tuttavia della rimozione delle vecchie otturazioni in amalgama, se non eseguito con accortezza, porta con sé il rischio di determinare un picco di nebulizzazione del mercurio nel cavo orale del paziente.
Per questo è molto importante che la rimozione delle vecchie otturazioni in amalgama avvenga secondo un preciso protocollo protetto e biologico. Un video da youtube come esempio:

http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=9LkqPQM2KE4

Il presidio più importante è rappresentato dall’utilizzo della diga di gomma capace di isolare il dente interessato ( e quindi l’amalgama da rimuovere ) dal resto del cavo orale e dall’orofaringe. Inoltre è fondamentale ridurre il surriscaldamento del metallo, e quindi gli effetti vaporizzatori dello stesso durante la fresatura, utilizzando abbondante irrigazione e un manipolo contrangolo a 20000 giri/minuto invece della turbina a 300000 giri/minuto. Per diminuire l’attrito tra fresa e superficie aggredita sono consigliabili le frese multilama in carburo di tungsteno piuttosto che quelle diamantate dal taglio di tipo abrasivo anziché netto.

 

 

Notate il simbolo veleno (teschio) sulla confezione per la preparazione delle Amalgame…è significativo, non vi pare?

Altro importante accorgimento da mettere in pratica è l’utilizzo di aspiratori chirurgici ad alta capacità da tenere costantemente vicino all’area interessata così da limitare al massimo la vaporizzazione del mercurio oltre il campo operatorio. Infine, anche se sembrerà ovvio, va sottolineata l’importanza di utilizzare la tecnica corretta nell’uso del trapano cercando di “disunire“ perimetralmente l’otturazione seguendone i confini senza insistere inutilmente sulla massa centrale, così da limitare al minimo il contatto tra la fresa del trapano e l’amalgama, facendo poi “saltare“ con una piccola leva apposita la struttura metallica interamente o a blocchi.

Per quanto concerne la protezione degli operatori sono da considerarsi sufficienti le normali protezioni utilizzate costantemente in ogni terapia : mascherina e occhiali protettivi. Mentre in altri paesi come la Norvegia, la Svezia, la Danimarca, è fatto divieto totale ai dentisti di otturare i denti dei propri pazienti con questo materiale, in Italia il Decreto Ministeriale del 2001, senza prendere in realtà una posizione nettamente contraria, sconsiglia l’utilizzo dell’amalgama solo e solamente nelle donne in gravidanza e in allattamento, nei bambini sotto i sei anni, nei nefropatici e nei pazienti che già sono allergici al mercurio… e forse questo non è sufficiente.

Il Protocollo Biologico Naturale per il drenaggio dei metalli pesanti, pre e post intervento di rimozione dal Dentista, sarà da decidersi al momento secondo il caso clinico in esame, la tipologia del paziente e la quantità di metalli pesanti presenti nel soggetto.

In particolare un prodotto innovativo e senza controindicazioni, che potrebbe essere utilizzato nel protocollo specialistico di drenaggio e chelazione dei metalli pesanti ed altri tossici è la ZEOLITE.

La Zeolite che cosa è?

Il nome “zeolite” ha origine dalle parole greche zeo = bollire e lithos = pietra, ovvero “pietra che bolle” e deriva dal fatto che, quando viene scaldata, la zeolite libera acqua senza modificare la propria struttura; per questo sembra che entri in ebollizione. Chimicamente le Zeoliti – occorre parlarne al plurale perché ne esistono più di cento tipi diversi – le Zeoliti, dicevamo, sono minerali microporosi di origine vulcanica. Dal punto di vista chimico sono alluminosilicati, idrati di metalli alcalini e alcalino-terrosi. La struttura cristallina delle zeoliti è costituita da SiO4 ed AlO4 tetraedrici legati insieme da ponti ossigeno FIG.1.

Queste strutture complesse comprendono cavità porose regolari con dimensioni dei pori di 4 Angstrom FIG.2.

La struttura cristallina contiene cationi quali calcio, magnesio, sodio, potassio e altri minerali, oltre a molecole di acqua. Le Zeoliti vengono raggruppate in base alla loro struttura in: fibrose, lamellare e cristalline sferiche; quella che negli anni ha dimostrato di essere più adatta all’uso in medicina umana e veterinaria è la Zeolite Clinoptilolite, i cui cristalli hanno struttura lamellare. Dal 1896 sono stati depositati ben 39 brevetti in tutto il mondo relativi all’applicazione delle Zeoliti in ambito umano. Dal 1996 in Giappone le Zeoliti sono state approvate come additivi alimentari.

Come funziona?

L’azione della Zeolite si esplica a livello gastrointestinale locale, non ha attività metabolica; ma funziona in base a interazioni di tipo chimico e fisico. La Zeolite presenta una notevole capacità di scambio ionico: è in grado quindi di cedere i cationi liberi (Na+, K+, Ca2+, Mg2+) e legare al loro posto i metalli pesanti, ioni ammonio, radioisotopi o altri cationi (Cd2+, NH4+, Pb2+, Cs+, Sr2+), per i quali manifesta elevata selettività. La Zeolite agisce anche come setaccio molecolare bloccando all’interno dei canali della propria struttura tossine esogene ed endogene. L’azione della Zeolite si esplica nel tratto gastrointestinale dove tossine, micotossine, ioni ammonio, metalli pesanti e radicali liberi si legano ad essa e vengono eliminati con le feci FIG.3. L’azione della Zeolite è progressiva e selettiva verso le sostanze tossiche, non coinvolge sostanze nutritive né farmaci e agevola la fisiologica detossificazione sistemica dell’organismo.

A cosa serve?

La Zeolite Clinoptilolite, quando viene “attivata” (ovvero quando viene sbriciolata in modo da aumentare la propria superficie di contatto, sulla quale restano liberi ponti ossigeno carichi negativamente capaci di attrarre sostanze con cariche positive) esplica un’azione detossificante sistemica: è attiva nei confronti di inquinanti ambientali e alimentari (additivi alimentari, conservanti, smog, fumo, amalgame dentali, tinture per capelli, colle, vernici, esposizione al sole); contrasta lo stress ossidativo da radicali liberi esogeni ed endogeni e gli effetti iatrogeni dei farmaci; favorisce il miglioramento sintomatico in caso di allergie anche da contatto (per esempio, Nichel) e delle intolleranze alimentari. La Zeolite Clinoptilolite senza essere assorbita dall’organismo è in grado di sequestrare e eliminare dall’organismo stesso tossine radicali liberi, ioni ammonio e metalli pesanti, ovvero sostanze normalmente presenti nell’ambiente in cui viviamo, onnipresenti negli oggetti quotidiani. L’eliminazione avviene attraverso un meccanismo fisico intestinale: le sostanze nocive vengono eliminate con le feci: fig.3

 

Perché utilizzarla?

Tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli sono i principali chelanti delle funzioni enzimatiche, funzioni che una volta inibite determinano un mutamento dell’equilibrio fisiologico dell’organismo (omeostasi) e possono diventare cause o concause di malattia attraverso l’alterazione dei processi metabolici. Tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli inattivano i vari catalizzatori enzimatici, rallentando i processi metabolici a cascata fino a inibire funzioni essenziali che possono a volte evolvere verso l’infiammazione silente e verso patologie degenerative e/o patologie autoimmuni. Particolare attenzione va posta nei confronti dell’eventuale azione sommatoria che tossine, radicali liberi, ioni ammonio e metalli possono avere tra loro una volta che si trovano ad essere contemporaneamente presenti nell’organismo umano. L’entità delle alterazioni metaboliche che queste sostanze nocive posso produrre è variabile: pertanto la loro sottrazione e/o riduzione nell’organismo permette di riattivare i meccanismi biochimici cellulari e favorisce l’azione e la modulazione di ogni altro principio attivo (come anche in caso di terapia farmacologica) che si trova quindi ad agire in un ambiente più recettivo. Posologia: è indicata sulla confezione e comunque andrebbe adeguata caso per caso. (Il testo sulla Zeolite, qui sopra riprodotto integralmente, è stato gentilmente concesso dalla ditta Pegaso di Arbizzano-Verona)